La Val d’Aniene ha un appeal straordinario per gli appassionati di speleologia; la conformazione carsica del territorio ha dato origine a grotte, cavità e inghiottitoi che si estendono per centinaia di metri nel ventre della terra e mostrano pareti con concrezioni calcaree belle come ricami pregiati.
Spettacolare è la Grotta dell’Inferniglio, lungo le rive dell’Aniene, tra Jenne e Subiaco. Si tratta di una risorgiva, lunga circa un chilometro e mezzo, che racchiude 3 laghi sotterranei cui porre particolare attenzione perchè il livello è soggetto ad alzarsi improvvisamente bloccando i sifoni. Più facilmente accessibili sono la Grotta di Stoccolma, a Campaegli, la Grotta dell’Asfalto a Filettino, un vero e proprio giacimento in uso fino al secolo scorso, il Pozzo di Piava Bella agli Altipiani di Arcinazzo, il Pertuso di Roiate, in cui si inabissa il torrente Carpine per oltre 300 metri, la Chiavica di Arsoli, un abisso di oltre 100 metri, la Grotta di Fra’ Alessio a Roviano, il Pozzo di Cineto, una cavità lunga 51 metri anticamente usata come carcere per delitti capitali, la Fonte Piangione a Licenza, il Pozzo di Macchia del Prete, a San Polo dei Cavalieri, la Voragine di Monte Spaccato, a Tivoli. Tanti sono i cosiddetti Pozzi della Neve, che si trovano un pò ovunque tra i Monti Lucretili e i Simbruini; sono caverne ad andamento orizzontale con una temperatura interna costantemente vicina allo zero. Il loro nome è il retaggio di un’attività in voga fino al primo Novecento: il commercio della neve. Quando i frigoriferi non erano ancora stati inventati si usava il ghiaccio per conservare meglio i cibi, così i valligiani, durante l’inverno, accumulavano in queste cavità la neve ghiacciata che poi tagliavano in blocchi che trasportavano a Roma per venderli.
Alcune sono state abitate nella preistoria, come la Grotta dell’Arco a Bellegra, con le sue singolari pitture rupestri, la Grotta Polesini a Tivoli e la Grotta del Cavorso a Jenne in cui sono ancora in corso gli scavi che, finora, hanno rinvenuto diversi livelli stratificati con i resti di più di venti sepolture del periodo Neolitico (circa 5000 a.C.), di cui una conservata con il suo corredo funerario, e ossa di animali del periodo Mesolitico (8000 a.C.), reperti importantissimi per lo studio dei flussi migratori delle società preistoriche in Appennino.