Incastonato tra le ripide pareti rocciose del Monte Taleo, il Monastero di san Benedetto è un monumento unico per l’originalità dell’architettura che appare quasi surreale nella sua imponenza. “Un nido di rondini”, lo definì Pio II nel 1461, prima ancora il Petrarca lo descrisse come la “soglia del Paradiso”, e tutt’oggi, avvolto nel silenzio dei Monti Simbruini, questo spettacolare complesso architettonico trasmette un’indicibile sensazione di quiete e tranquillità. Costruito, a partire dal 1193, intorno alla grotta in cui san Benedetto visse in ritiro per tre anni, è un’insieme armonico e suggestivo di pareti, volte e scalinate che si fondono con la pietra viva dando vita a due chiese sovrapposte dalle pareti totalmente rivestite da splendidi affreschi.
La Chiesa superiore
Uno stretto corridoio che termina con la Sala del Capitolo Vecchio, decorata da pregevoli affreschi della Scuola del Perugino, introduce alla Chiesa superiore. La struttura, del 1300, presenta una navata a due campate, divise da un maestoso arco gotico, e un abside scavato nella roccia. Nella prima campata affreschi, di Scuola Senese, raffigurano scene della passione e resurrezione di Cristo di cui colpisce la ricchezza di particolari e l’effetto realistico delle numerose figure di secondo piano, che donano alla rappresentazione una sorprendente vivacità. Particolarmente suggestiva è la scena della Crocifissione, sulla parete di fronte all’ingresso, in cui si contano ben 65 personaggi. La seconda campata, più bassa della precedente, è affrescata con scene della vita di san Benedetto, di Scuola Umbro-Marchigiana.
La Chiesa inferiore
L’originalità di un architettura costretta ad adattarsi a spazi insoliti si mostra in tutto il suo fascino nella Chiesa inferiore, che risale al 1200. È composta da un ampio vano rettangolare e da cappelle, poste a livelli diversi, ricavate negli anfratti della roccia. Sulla parete della scala che raccorda le due chiese, è raffigurato Innocenzo III, il papa che favorì la diffusione dei benedettini in tutta Europa, con la bolla del 1203 con cui concede donazioni al monastero. L’ampia stanza centrale, con volte a crociera, è stata affrescata da Magister Consulus, uno dei grandi maestri dell’arte romana medievale, e dalla sua bottega; vi sono raffigurati episodi della vita di san Benedetto e dei suoi discepoli san Mauro e san Placido. Sul lato destro si trovano l’ingresso al Sacro Speco, alla Scala Santa e una scala a chiocciola che conduce alla Cappella di San Gregorio Magno, ornata da splendidi affreschi bizantineggianti; all’entrata si trova il celebre ritratto di san Francesco d’Assisi, l’unico in cui il santo è raffigurato senza l’aureola e le stimmate, e quindi dipinto prima della sua canonizzazione.
Il Sacro Speco e la Scala Santa
Il Sacro Speco o Grotta di san Benedetto, è la cavità in cui il giovane Benedetto si ritirò in solitudine per tre anni, sostenuto dal monaco Romano che gli calava il cibo dalla rupe sovrastante; episodio cui si ispirò Antonio Raggi, allievo del Bernini, nello scolpire la statua in marmo bianchissimo che spicca sulle pareti di nuda roccia. Accanto alla Grotta si trova la
Scala Santa i cui affreschi sono un monito sulla corruttibilità del corpo dopo la morte e la salvezza dell’anima attraverso il battesimo e la vita ascetica. Il primo tratto della scalinata si apre sulla
Cappella della Madonna, anch’essa affrescata dal Consulus. Al termine della Scala si trova la
Grotta dei Pastori, dove il santo scendeva per istruire sulla dottrina cristiana pellegrini e abitanti della valle. Gli affreschi del VII secolo, di tipica matrice bizantina, sono la prova evidente degli scambi artistico-culturali con l’Oriente che all’epoca erano comuni a gran parte della Valle, come testimoniano anche le pitture della
Santissima Trinità di Vallepietra. Da una particina accanto alla grotta si accede ad un terrazzamento in cui sono coltivate delle rose, è il
Roseto di San Francesco, in memoria del miracolo compiuto dal fraticello di Assisi durante la sua visita a Subiaco, che, secondo la tradizione, fece fiorire delle rose sui rovi su cui si era gettato san Benedetto per fugare le tentazioni.





Nel magnifico scenario dell’alta Val d’Aniene il monastero appare come un singolare connubio tra arte e natura, sublimato nel Bosco sacro con esemplari secolari e maestosi di lecci attraverso cui si snoda l’acciottolato del sentiero che porta all’entrata. All’interno del bosco passano anche tratti dei percorsi delle Vie del Sacro, uno dei gruppi di itinerari tematici proposti dal Parco dei Monti Simbruini che offre l’opportunità di escursioni in montagna con punto di sosta in un centro d’arte unico al mondo.